Tizio Caio Sempronio
storia mezzo romana
DI
ANTON GIULIO BARRILI
SECONDA EDIZIONE
RIVEDUTA E CORRETTA
MILANO
FRATELLI TREVES, EDITORI
1879.
PROPRIETÀ LETTERARIA.
Tip. Fratelli Treves.
[1]
TIZIO CAIO SEMPRONIO
Lettori umanissimi, voi certamente non l'aveteconosciuto, perchè egli fioriva un mezzo secoloprima dell'èra volgare, cioè a dire dopo il settecentesimoanno dalla fondazione di Roma.
Chi? domanderete. Il protagonista del mio racconto,il chiarissimo Tizio Caio Sempronio, cittadinoromano, dell'ordine dei cavalieri. Non lo confondete,per carità, coi cavalieri moderni, che sonodi più ordini. A Roma i cavalieri formavano unordine solo, ed erano, una delle tre spartizioni delpopolo, fatte da Romolo, buon'anima sua. E quasinon occorre che io dica essere questi tre ordini, ilpatrizio, l'equestre e il plebeo; tutta brava genteche non vivevano molto in pace tra loro, ma cheper un migliaio d'anni spadronarono utilmentesu tutto il mondo conosciuto. La qual cosa mi conducea pensare che gli storici abbiano un po' calunniato[2]quel popolo, o per lo meno vedute le suebizze domestiche con una lente d'ingrandimento.
Ma non ci perdiamo in chiacchiere. Se vi piace,siamo all'anno 703 ab urbe condita, sotto i consoliServio Sulpicio Rufo e Marco Claudio Marcello,egregie persone, di cui non so dirvi altro che ilnome. Consoliamoci insieme, pensando che essiimportano poco al nostro soggetto.
Tizio Caio Sempronio era un gentil cavaliere, ebello, per giunta, come un dio di fabbrica ellèna.Si diceva che sua madre lo avesse concepito dopoessersi fortemente commossa alla veduta di unastatua di Scopa. Aveva i capegli biondi e riccioluti,diritto il naso, breve il labbro superiore, ilmento rotondo, l'orecchio piccolissimo; insomma,tutte le bellezze d'Apollo. E quando andava adiporto per la via Lata, o per la Flaminia, conle sue listerelle di porpora (clavus angustus) chescendevano parallele sul davanti della tunica, ederano il contrassegno del suo ordine, gli facevanol'occhiolino le matrone, dal fondo delle loro lettighe,e gli uomini s'inchinavano, o si recavano lamano al cappello, secondo che andassero a caposcoperto, o portassero il pètaso.
Gli uomini non lo onoravano già per la sua bellezza,s'intende; che anzi avrebbero dovuto invidiarloe scoccargli un «i in malam crucem» dalprofondo dell'anima. Queste delicatezze gli uominice le avevano in corpo fin da quell'ora; tanto èvero che la civiltà è antica e i suoi primordii siperdono nella notte caliginosa dei tempi.
Tizio Caio Sempronio era un leggiadro cavaliere,[3]l'ho detto; ma in compenso era anche ricco. Avevagrossi poderi a Tivoli e nell'agro Reatino, dondeuscivano i suoi maggiori. Per altro, se il nostrocavaliere potea vantarsi Sabino d'origine, non losi poteva riconoscer tale alla parsimonia proverbialedi quella gente. Tizio Caio Sempronio spendevaliberalmente tutte le sue entrate, e dell'altroancora. Però andava per