STORIA
DELLA DECADENZA E ROVINA
DELL'IMPERO ROMANO

DI

EDOARDO GIBBON

TRADUZIONE DALL'INGLESE


VOLUME SECONDO


MILANO
PER NICOLÒ BETTONI
M.DCCC.XX

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STORIA

DELLA DECADENZA E ROVINA

DELL'IMPERO ROMANO


CAPITOLO XI.

Regno di Claudio. Disfatta dei Goti.Vittorie, trionfo e morte di Aureliano.

Sotto i deplorabili regni di Valeriano e di Gallieno,l'Impero fu oppresso e quasi distrutto dai Soldati,dai Tiranni e dai Barbari. Lo salvò una seriedi gran Principi, che traevano un'oscura origine dallemarziali province dell'Illirico. Nel giro di quasi trentaanni Claudio, Aureliano, Probo, Diocleziano, ed i suoicolleghi trionfarono degli stranieri e de' domestici nemicidello Stato; ristabilirono la militar disciplina, laforza delle frontiere, e meritarono il glorioso titolo diRistauratori del Mondo Romano.

La caduta di un effemminato tiranno aprì la stradaad una successione di Eroi. L'indignazione del popolo[6]imputava a Gallieno tutte le sue calamità; e la maggiorparte, invero, erano conseguenze de' suoi costumie della indolente sua condotta nel governo. Era privoperfino del sentimento di onore, che supplisce sì spessoalla mancanza della pubblica virtù; e finchè potè godereil possesso dell'Italia, una vittoria riportata daiBarbari, la perdita di una provincia, o la ribellionedi un Generale, raramente disturbò il tranquillo corsode' suoi piaceri. Finalmente un esercito considerabile,accampato sul Danubio superiore, rivestì della porporaImperiale il suo condottiero Aureolo, che sdegnandoun angusto ed infecondo regno sulle montagne dellaRezia, passò le Alpi, occupò Milano, minacciò Roma,e sfidò Gallieno a disputare in campo la sovranità dell'Italia.Provocato dall'insulto l'Imperatore, ed intimoritodall'imminente pericolo, subitamente mostrò quell'ascosovigore, che qualche volta si manifestava a traversol'indolenza del suo carattere. Staccatosi con violenzadagli agi del palazzo, comparve armato in frontealle sue legioni, e si avanzò ad incontrare di là dalPo il suo competitore. Il corrotto nome di Pontirolo[1]conserva ancora la memoria di un ponte sull'Adda,che, durante l'azione, debbe essere stato un oggettodella maggiore importanza per ambo gli eserciti. IlRetico usurpatore, dopo aver ricevuto una totale disfattaed una pericolosa ferita, si ritirò in Milano. Ne[7]fu immediatamente formato l'assedio; furon le murabattute con ogni macchina dagli antichi usata; ed Aureolo,incerto della interna sua forza, e senza speranzadi straniero soccorso, si presagì fin d'allora le funesteconseguenze di una inutile ribellione.

A. D. 268

L'ultimo suo espediente fu un tentativo di sedurrela lealtà degli assediatori. Sparse pel loro campo de' libelli,ne' quali invitava le truppe ad abbandonare unindegno Sovrano, che sacrificava al suo lusso la pubblicafelicità, e le vite dei suoi più stimabili sudditiai più leggieri sospetti. Gli artifizj di Aureolo diffuseroi timori, gli scontenti tra i p

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