Garibaldi
tratto dalla Nuova Antologia, giugno 1882
La Nuova Antologia vuol rendere anch'essail suo tributo alla memoria diGiuseppe Garibaldi. Ed il suo direttore,con una squisita cortesia, della quale glison grato, ha invitato me, che non sonoredattore della rinomata effemeride, peradempiere tale ufficio.
Dopo tutto ciò, che in questi giornifu detto e scritto di Garibaldi, è un'operaassai difficile il poterne ancora degnamenteragionare. Non già che il temasia esaurito, ma perchè mi sembra essernecessaria un'abilità che confesso di nonavere, per soddisfare le non ordinarieesigenze dei lettori.
La biografia di un uomo—sia pureun grande statista od uno scienziato—èsubito fatta. Ma non si può tesser lavita di Garibaldi senza fare la storia italianadegli ultimi 50 anni. E non basta!
Se Garibaldi, sin dalla prima sua giovinezza,ebbe un culto per la patria, sei suoi pensieri, i suoi studî, le sue cure,le sue opere non ebbero altro scopo—l'animasua generosa spaziava nell'infinito;il dovere per lui non aveva limitidi territorio, egli era il cavaliere dell'umanità.Ed allora come ricordare questaparte della sua vita senza toccare il problemaancora insoluto delle nazionalità,senza parlare dei popoli, che lo invocarononei momenti del pericolo, che speraronoin lui, ed alla difesa dei qualiegli concorse colla spada o con la parola?
Nato dal popolo, educato ai principiidella democrazia in un paese dove infrenataera la libertà, egli intravide la istituzionedella republica con un Re. Ciòparve una contraddizione agl'ideologidella politica: ai republicani che nonritengono possibile e duraturo il regimeda essi prediletto senza il periodico mutamentodelle persone nella supremamagistratura dello Stato; ai monarchici, i quali presentono la instabilità delle dinastienel trionfo della democrazia.
Garibaldi al contrario trovava ad armonizzarenella sua mente questi dueestremi, Popolo e Re. Laonde egli noncredeva tradire la sua coscienza quandoal 1859 ed al 1860 scriveva nella suabandiera il motto: Italia e Vittorio Emanuele.Molto meno credeva poter offendereil Re, quando parlava della republicaitaliana e del suo avvenire. S'illudevaintanto, quando, pei loro fini particolari,i monarchici al 1859 si vantavanodi aver conquistato Garibaldi; epiù tardi, al 1879, i republicani s'illuserosperando che Garibaldi fosse ritornatoa loro e ch'essi avrebbero potutovalersi d